UN PATRIMONIO VALORIZZATO

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Dicembre 13, 2012
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Dicembre 13, 2012

“Tu che m’hai preso il cuor”

 

Mostra Storica dell’Operetta

 

 

La rinnovata Mostra Storica dell’Operetta “Tu che m’hai preso il cuor” è il frutto di un lungo ed appassionato impegno dell’Associazione Internazionale dell’Operetta – Friuli Venezia Giulia che per l’occasione ha svolto un grande lavoro di rivisitazione della precedente esposizione allestita assieme al Civico Museo Teatrale “C.Schmidl” nell’ormai lontano 1994 e poi rappresentata in diverse occasioni.

LE COLLABORAZIONI

La collaborazione del Comune di Trieste era pertanto necessaria e doverosa, e puntualmente il sodalizio tra Associazione dell’Operetta e Comune di Trieste si è riconfermato in occasione del 40° Festival Internazionale dell’Operetta di Trieste. E così, nel 2007 è ricominciata l’avventura del riesame delle circa mille e più immagini già catalogate ed esposte: vecchie fotografie di artisti e di scena, locandine e programmi, frontespizi illustrati di libretti e spartiti, documenti e autografi, cartoline d’epoca, bozzetti per le scene e i costumi, medaglie – tutte copie di originali conservati al Civico Museo Teatrale “C. Schimidl”, integrati dai prestiti del Teatro “G.Verdi” e di alcuni collezionisti triestini.

A queste si sono aggiunte altre, ovviamente: gli anni di Festival nel frattempo trascorsi e le tantissime iniziative che sono state animate dall’Associazione in quasi vent’anni di attività. Il Teatro Verdi ha messo a disposizione alcuni costumi di scena delle più belle operette prodotte. E poi ancora spartiti, libretti e altri oggetti teatrali originali, provenienti da collezioni private, di Andrea Binetti e in particolare alcune cartoline d’epoca tratte dalla vasta collezione di Sergio Stern, raffiguranti la Trieste asburgica, gli spettacoli ed i personaggi della bellé epoque.

L’INAUGURAZIONE

La Mostra Storica dell’Operetta “Tu che m’hai preso il cuor”, è stata così inaugurata nella Sala “Attilio Selva” di Palazzo Gopcevich il 30 giugno 2009, pochi giorni prima del debutto de La Vedova allegra, di Franz Lehár, punto forte del 40° Festival Internazionale dell’Operetta di Trieste, ed è rimasta aperta al pubblico, ad ingresso libero, fino al 26 luglio 2009.

I REALIZZATORI E I SOSTENITORI

Realizzata dall’Associazione Internazionale dell’Operetta e dal Comune di Trieste – Assessorato alla Cultura – Direzione Area Cultura – Civici Musei di Storia ed Arte – Civico Museo Teatrale “C.Schmidl”, con la collaborazione della Fondazione Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste e della Provincia di Trieste, si è avvalsa del sostegno di Regione Friuli Venezia Giulia, Camera di Commercio, Commissariato di Governo – Fondo Trieste e della Banca Popolare Friuladria.

Oltre ad un completo rifacimento della veste grafica e numerosi aggiornamenti, la mostra attuale presenta una divisione cronologica e, visivamente, cromografica. Curatrice della mostra e del catalogo Rossana Poletti, con la consulenza scientifica di Danilo Soli, che assieme ad Andrea Binetti ne ha curato una colonna sonora e video. Ha collaborato alle ricerche Annalisa Sandri. La grafica della mostra è di Proxima-ComputerWay, mentre la stampa del catalogo è di Stella ArtiGrafiche  FVG.  I testi del catalogo sono di: Adriano Dugulin, Bogomila Kravos, Marina Petronio, Rossana Poletti e Danilo Soli. Alla presentazione del Presidente dell’Associazione Claudio Grizon, del Sindaco Roberto Dipiazza e dell’Assessore alla Cultura Massimo Greco, si aggiunge quella non meno importante di un esperto musicale e d’operetta come Paolo Limiti, che ha il merito di aver reintrodotto l’Operetta in Tv negli anni ’90, e per questo ha ricevuto alcuni anni fa il Premio Internazionale dell’Operetta.

LA PRIMA SALA

Nella prima sala sono state esposte le immagini che vanno dalla metà dell’Ottocento alla seconda guerra mondiale. Avvenimenti di rilievo come la contestata prima de La vedova allegra al Teatro Filodrammatico nel 1907, le presenze di Lehár, Suppé e Kálmán, che si accostano alle esibizioni di artisti di fama europea (Mila Theren e Richard Tauber, Gea della Garisenda e Ines Lidelba, Amalia Soarez ed Emma Vecla) e ad una vivacità anche editoriale: si pensi allo Schmidl che pubblica le prime musiche di Lehár per banda e Sangue triestin e ai vari teatri, il Fenice in particolare, che pubblicano i libretti di operette famose.

Trieste diviene subito il luogo deputato dell’operetta e trova nella prestigiosa figura di Mario Nordio l’uomo simbolo del rapporto profondo tra Lehár, la città di Trieste e l’operetta. Egli è il primo geniale traduttore di Lehár in occasione della prima rappresentazione in Italia di Clo-Clo nel 1924 e da allora egli diviene, per volontà di Lehár, il traduttore esclusivo delle sue operette.

LA SECONDA SALA

Nella seconda sala ha trovato spazio tutto il Festival dell’Operetta, dal 1950, anno della sua prima edizione al Castello di San Giusto, fino all’ultimo documentabile del 2008. Sono stati esposti anche quegli anni Sessanta, in cui il Festival non ebbe un regolare svolgimento, se non per alcuni spettacoli, ospitati al Castello di San Giusto, provenienti dai paesi della Mitteleuropea, in attesa che il vero festival riprendesse quota nel 1970 con il restaurato Politeama Rossetti, pronto ad ospitarlo.

Tante locandine e foto di questi sessant’anni per ripercorrere il cambiamento di un gusto, che nell’ultima fase vedrà emergere, ancora timidamente il moderno musical, con Can Can di Cole Porter e uno scatenato Sette spose per sette fratelli con un danzatore degno di Gene Kelly, Raffaele Paganini, per citarne alcuni, senza dimenticare artisti del calibro di Rose Barsony, Marta Eggerth e Jan Kiepura, negli anni ‘50, direttori d’orchestra della qualità di Cesare Gallino, ma anche protagonisti indimenticabili come Sandro Massimini che calcò per la prima volta le scene di Trieste, proprio in quel famoso 1970 al ritrovato Rossetti.

LA TERZA SALA

Nella terza sala è stata ospitata l’attività dell’Associazione Internazionale dell’Operetta, dall’anno 1992 di fondazione ai giorni nostri: hanno trovato così spazio i due Premi, l’Internazionale dell’Operetta, giunto a quota ventidue, e il Massimini arrivato alla decima edizione. Sono state ripercorse le tante iniziative di questi anni: Calde note d’estate, I Pomeriggi Musicali al Rossetti, TriesteOperetta al Ridotto, ma anche i vecchi successi de La Maga, Abdera e Napoleone, ed ancora Un Bellissimo Settembre e Orient Express, prodotti quest’ultimi con La Contrada, senza dimenticare il Gasparone di Millöcker prodotto a Miramare con il Verdi nel Festival 2005. E poi i tanti concerti di Fine Anno Dal valzer allo swing diretti dal M° Romolo Gessi, i concerti Vo da Maxim, Dove fioriscono i limoni, Spesso il cuore si innamora, Parigi o cara, senza dimenticare il Gala del Festival dell’Operetta 2008, anch’esso frutto di una collaudata collaborazione con il teatro lirico.


A dicembre 2009 la mostra è stata allestita a Roma, presso le sale di rappresentanza della Regione Friuli Venezia Giulia.
Per esigenze di spazio è stato necessario riassumere in poco più di venti pannelli una mostra che all’inaugurazione di giugno a Trieste ne contava cento ed oltre, cercando però di condensare al meglio 150 anni di attività e spettacolo.
L’amore per l’operetta a Trieste nasce da lontano, da una assidua frequentazione popolare dei teatri che risale a prima del 1850, da una quantità inimmaginabile di rappresentazioni che ogni anno passavano sulle scene della città giuliana, dal numero incredibile di teatri che in quegli anni ospitavano le operette (Filodrammatico, Fenice, Armonia, Minerva, Goldoni, Rossetti… senza dimenticare i tanti spazi all’aperto, i caffè teatro…). Bisogna ricordare la permanenza in città di grandi compositori del calibro di Lehár e prima di lui del dalmata Suppé, nipote di Donizetti e suddito degli Asburgo, ma anche Johann  Strauss Jr., dopo il trionfo del “Pipistrello”, e più tardi anche Imre Kálmán. Nessuno più di Franz Lehár si lega a Trieste, da quando, a fine Ottocento, vi dirige una banda militare austriaca, ne impara il dialetto e le dedica canzoni. A Trieste trova in Schmidl il primo editore e più tardi in Nordio l’impagabile traduttore delle sue ultime, romantiche creazioni, con versi ormai leggendari, come “Tu che m’hai preso il cuor” per il “Paese del Sorriso”, e a Trieste riserva tante prime esecuzioni italiane, a partire proprio dalla mitica “Vedova allegra”, che nel 1907 vede un curioso episodio di contestazione montenegrina.
E negli Anni Venti anche l’Italia dice la sua, soprattutto quando gli attori attingono, con estro arguto, al mondo del folclore e delle maschere.
Nel 1950, quasi a esorcizzare il suo incerto futuro, Trieste osa andare contro corrente e riproporre all’aperto, al castello di San Giusto, un Festival estivo dell’operetta di livello internazionale. Sono dieci edizioni da favola, con affluenze da stadio, che le telecamere portano in tutte le case e i rotocalchi definiscono degne della Scala per sfarzo e caratura artistica, una fabbrica dei sogni che colpisce l’immaginazione collettiva. La televisione e le regie di Vito Molinari e Gino Landi negli anni ’70 portano il nome dell’operetta triestina in mondovisione, facendo raggiungere al Festival le quaranta edizioni consecutive.
Lentamente dopo gli anni ’80 comincia il declino televisivo, mentre i successi in città restano sempre importanti. Ed è in questo sfavillante tessuto connettivo che si inseriscono le tante iniziative dell’Associazione dell’Operetta, sorta nel 1992, qui riassunte nei due premi: il Premio Internazionale dell’Operetta, omaggio a quanti hanno contribuito alla diffusione e al successo dell’Operetta, nelle sue diverse espressioni, e il Premio Nazionale Sandro Massimini, conferito annualmente a un giovane attore brillante del teatro musicale leggero italiano che abbia già dimostrato particolari doti di talento e di versatilità nella recitazione, nel canto e nella danza; qualità queste che hanno fatto di Massimini una delle figure più amate e popolari delle nostre scene. Ai premi si aggiungono le immagini significative di due rassegne di successo: Pomeriggi Musicali al Rossetti, dedicati al musical, e TriesteOperetta al Ridotto, manifestazione che anticipa il Festival dell’operetta. La mostra resterà aperta fino all’8 gennaio, dal lunedì al venerdì con orario 9-17.
Dopo l’inaugurazione avvenuta il 16 dicembre, al Teatro San Marco  di Piazza Giuliani e Dalmati, sempre a Roma, l’Associazione Triestini e Goriziani in Roma “Gen. Licio Giorgeri” e l’Associazione Internazionale dell’Operetta hanno proposto un concerto intitolato alla mostra. Melodie celebri tratte dalle operette più famose italiane e danubiane: La Principessa della csardas, La Vedova allegra, Paganini, Al Cavallino Bianco, Sogno di un Valzer, Il Paese dei Campanelli, Cin ci là, Scugnizza. Interpreti i cantanti Andrea Binetti e Nicolò Ceriani, Gisella Sanvitale e Ilaria Zanetti, accompagnati da Antonio Kozina al violino e Giovanni Maria Monti al pianoforte. Al concerto erano presenti tutte le associazioni di corregionali, dal Fogolar furlan alle associazioni degli esuli istriani.

Venerdì 23 luglio 2010 alle Scuderie di Palazzo d’Attimis – Maniago (ex Biblioteca) è stata inaugurata la Mostra Storica dell’Operetta “Tu che m’hai preso il cuor”, aperta poi fino all’8 settembre.

Ad organizzarla ovviamente l’Associazione Internazionale dell’Operetta Friuli Venezia Giulia in collaborazione con la Provincia di Pordenone, il Comune di Maniago, il sostegno di Regione e Friuladria Credit Agricole.

A conclusione un concerto in omaggio all’operetta viennese a 150 anni dalla sua nascita, con un’escursione musicale sugli autori che ne hanno caratterizzato l’epoca d’oro: Franz von Suppé, Johann Strauss, Karl Millöcker, Richard Heuberger e Carl Zeller. Ed inoltre melodie celebri tratte dalle operette più famose di Franz Lehár e Imre Kálmán, Ralph Benatzky e Oscar Straus dell’epoca d’argento danubiana per concludersi con un omaggio alla piccola lirica di casa nostra. Protagonisti Maria Giovanna Michelini soprano, Ilaria Zanetti soprano e soubrette, Andrea Binetti tenore, Nicolò Ceriani baritono, il violinista Antonio Kozina  e Corrado Gulin al pianoforte.

Grazie all’ospitalità del Comune di Duino Aurisina, sabato 4 dicembre 2010 si è inaugurata nel Castello di Duino la mostra storica dell’operetta “Tu che m’hai preso il cuor”. La mostra, quasi completa come l’originale già esposta a Palazzo Gopcevich nell’estate 2009, ma per esigenze di spazio è stata suddivisa per epoche nelle varie ali del castello. Sottotitolata “L’operetta nella torre”, tutti i pannelli che illustrano i quarant’anni di festival triestino erano infatti ospitati nella torre medievale del maniero duinese. Mentre nelle sale nobiliari divisi per i vari periodi erano esposti i pannelli riguardanti il periodo che va indicativamente dal 1850 alla fine della seconda guerra mondiale.

L’amore per l’operetta a Trieste nasce da lontano, da una assidua frequentazione popolare dei teatri che risale a prima del 1850, da una quantità inimmaginabile di rappresentazioni che ogni anno passavano sulle scene della città giuliana, dal numero incredibile di teatri che in quegli anni ospitavano le operette (Filodrammatico, Fenice, Armonia, Minerva, Goldoni, Rossetti… senza dimenticare i tanti spazi all’aperto, i caffè teatro…). Bisogna ricordare la permanenza in città di grandi compositori del calibro di Lehár e prima di lui del dalmata Suppé, nipote di Donizetti e suddito degli Asburgo, ma anche Johann  Strauss Jr., dopo il trionfo del “Pipistrello”, e più tardi anche Imre Kálmán. Nessuno più di Franz Lehár si lega a Trieste, da quando, a fine Ottocento, vi dirige una banda militare austriaca, ne impara il dialetto e le dedica canzoni. A Trieste trova in Schmidl il primo editore e più tardi in Nordio l’impagabile traduttore delle sue ultime, romantiche creazioni, con versi ormai leggendari, come “Tu che m’hai preso il cuor” per il “Paese del Sorriso”, e a Trieste riserva tante prime esecuzioni italiane, a partire proprio dalla mitica “Vedova allegra”, che nel 1907 vede un curioso episodio di contestazione montenegrina.

E negli Anni Venti anche l’Italia dice la sua, soprattutto quando gli attori attingono, con estro arguto, al mondo del folclore e delle maschere.

Nel 1950, quasi a esorcizzare il suo incerto futuro, Trieste osa andare contro corrente e riproporre all’aperto, al castello di San Giusto, un Festival estivo dell’operetta di livello internazionale. Sono dieci edizioni da favola, con affluenze da stadio, che le telecamere portano in tutte le case e i rotocalchi definiscono degne della Scala per sfarzo e caratura artistica, una fabbrica dei sogni che colpisce l’immaginazione collettiva. La televisione e le regie di Vito Molinari e Gino Landi negli anni ’70 portano il nome dell’operetta triestina in mondovisione, facendo raggiungere al Festival le quaranta edizioni consecutive.

Lentamente dopo gli anni ’80 comincia il declino televisivo, mentre i successi in città restano sempre importanti. Ed è in questo sfavillante tessuto connettivo che si inseriscono le tante iniziative dell’Associazione dell’Operetta, sorta nel 1992, qui riassunte nei due premi: il Premio Internazionale dell’Operetta, omaggio a quanti hanno contribuito alla diffusione e al successo dell’Operetta, nelle sue diverse espressioni, e il Premio Nazionale Sandro Massimini, conferito annualmente a un giovane attore brillante del teatro musicale leggero italiano che abbia già dimostrato particolari doti di talento e di versatilità nella recitazione, nel canto e nella danza; qualità queste che hanno fatto di Massimini una delle figure più amate e popolari delle nostre scene. Ai premi si aggiungono le immagini significative di due rassegne di successo: Pomeriggi Musicali al Rossetti, dedicati al musical, e TriesteOperetta al Ridotto, manifestazione che anticipa il Festival dell’operetta.

La mostra a Duino rimase aperta fino al 9 gennaio 2011.

L’Operetta da Trieste all’Europa è il titolo sottotitolo della mostra. E con un titolo così l’Europa non poteva mancare. E’ stata infatti Bruxelles ad ospitare la rassegna triestina, in versione quasi integrale, inaugurata giovedì 16 giugno 2011 alle ore 12,30 nella sede di rappresentanza della Regione Friuli Venezia Giulia. Per l’occasione il catalogo è stato tradotto in inglese per consentire alla mostra una reale dimensione internazionale. Alla realizzazione dell’evento ha collaborato, oltre alla Regione Friuli Venezia Giulia,  l’Associazione Giuliani nel Mondo, sezione di Bruxelles. La scelta di Bruxelles nasce dall’esigenza di far riscoprire in Europa Trieste, città europea ante litteram, e il suo amore per l’operetta, passione che nasce da lontano, forse l’unica a caratterizzare fino in fondo l’animo cittadino, l’unica sicuramente a fare da cassa di risonanza per la città, anche in un recente passato, e che Trieste sembra aver dimenticato in una lenta cancellazione di sé.

Sempre giovedì 16 giugno alle ore 19 presso il Teatro dell’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles l’Associazione ha offerto un concerto d’operetta. Il tenore triestino Andrea Binetti e il soprano Maria Giovanna Michelini, accompagnati al pianoforte da Reana De Luca, hanno proposto un omaggio all’operetta italiana e all’Italia nel suo centocinquantenario, attraverso le arie dedicatele dai compositori stranieri. Il repertorio dell’Operetta italiana invece è stato proposto attraverso i suoi autori più noti: Virgilio Ranzato e Carlo Lombardo, ideatori di “Cin-ci-là”e de “Il paese dei campanelli”, “La duchessa del Bal Tabarin” e “La casa innamorata”, il verista Ruggero Leoncavallo e “La reginetta delle rose”, Giuseppe Pietri  e il partenopeo  Mario Costa con la sua “Scugnizza”, una delle pagine migliori dell’operetta italiana. Tutti i più celebri autori stranieri d’operetta hanno poi ambientato almeno una delle loro creazioni in Italia. Sono compositori stranieri del talento di Karl Millöcker , creatore di “Gasparone”, stravagante operetta ambientata in Sicilia dalle musiche raffinatamente romantiche, senza dimenticare il re di tutti Franz Lehár con “Paganini”, e ancora Franz von Suppè, straniero ma non troppo,  e il famoso “Boccaccio”,  per concludere con il re del valzer Johann Strauss  per danzare “Una notte a Venezia”.

Nell’estate 2015 la mostra dell’operetta si sposta ad Abbazia, a cui è stata aggiunta una parte dedicata proprio al Festival degli anni trenta nella perla dell’Adriatico

Un’orchestra di settanta elementi, il noto tenore Richard Tauber e a dirigere Franz Lehár sono gli ingredienti di grande successo per l’apertura della prima edizione del Festival dell’Operetta di Abbazia. Se si esclude il grande festival di Bad Ischl, che aveva luogo già dall’800, anche perché residenza estiva prediletta della corte imperiale asburgica, Abbazia rappresenta un esempio unico per l’epoca. E’ il 27 luglio 1935 e su un palcoscenico riccamente allestito la prima di Giuditta riscuote un enorme successo. La giovane Käthe Walter, nei panni di Giuditta, ottiene “vivissimi applausi” come riporta Il Piccolo di Trieste, che scrive anche “Tauber ha cantato per la prima volta in Italia. Alla rara bellezza del timbro, al caldo accento drammatico, alla deliziosa carezza del fraseggio, unisce un temperamento forte e spontaneo”. Già il 26 maggio era apparso sui maggiori giornali italiani ed esteri, tra cui, il Corriere della Sera, La Stampa di Torino, la Gazzetta del Mezzogiorno di Bari, La Vedetta d’Italia di Fiume, il Popolo di Roma, Il Piccolo di Trieste, Der Abend di Vienna, Nemzeti Ujsag e Figyelo di Budapest, il programma del festival, interamente dedicato a Franz Lehár: Giuditta, il 27 e 28 luglio, e poi Il Paese del Sorriso, il 30 e 31 luglio, e ancora Federica, il 3 e 4 agosto. (foto 465 Lehar ad Abbazia) Direttore della manifestazione era Renato Mordo, un viennese di origini triestine. L’Agenzia letteraria artistica pubblicò “I giornali dell’estero rilevano l’importanza di questa manifestazione di classe e sottolineano il significato che essa acquista nello sviluppo sempre più intenso dei rapporti culturali ed artistici tra l’Italia e l’Austria”. In realtà era impossibile prescindere dall’operetta viennese e in particolare dalle composizioni di Lehár; ad Abbazia, a Trieste e Fiume, a Pola il gusto musicale era quello, anche se al tempo il governo di Mussolini avrebbe preferito la piccola lirica di compositori italiani. Intanto si vendono i biglietti, aumentano i collegamenti delle autocorriere e dei treni e si istituisce persino una linea aerea tra Trieste e Abbazia. Gli spettatori giungevano anche dalla vicina Sussak, la città croata oltre il ponte sulla Fiumara che la divideva da Fiume, a conferma che l’operetta faceva parte della cultura del territorio, senza distinzioni nazionali o linguistiche. Negli alberghi si registravano presenze eccellenti dell’epoca da tutto il mondo, i botteghini furono letteralmente presi d’assalto e il 30 luglio Il Paese del Sorriso doveva essere trasmesso in diretta alla Radio, sennonché una terribile bufera determinò l’interruzione dello spettacolo che fu riproposto il 1° agosto. Franz Lehár dichiarava intanto al Corriere Istriano di Pola: “Attendo con gioia questa manifestazione di Abbazia ben convinto che per l’eccezionale complesso artistico e lo sfarzo della messa in scena gli spettacoli assurgeranno ad un’attrattiva non comune a cui arriderà un successo indimenticabile. “Due torri quadrangolari alte 6 metri e aventi, ad ogni lato uno scenario corrispondente. Fra le due torri un’apertura di circa 12 metri donde gli artisti potranno avanzare sino alla ribalta che avrà una lunghezza di 18 metri. Durante alcune scene singole saranno proiettati, sul palcoscenico, schermi opportunamente decorati sì da provocare suggestivi giochi di ombre sullo sfondo” così molta stampa riportava la descrizione dell’allestimento faraonico del Teatro all’Aperto del Parco di Villa Angiolina, dove avrebbe avuto luogo il Festival tra il 1935 fino allo scoppio della guerra.

Nell’estate del 1936 la magia si ripete con Emmerich Kálmán. “Sono in procinto di recarmi ad Abbazia con un complesso artistico di classe e intendo assicurare di dare tutta la mia fervida cooperazione perché questo secondo festival dell’operetta ottenga il suo massimo rilievo e la sua imponenza, sì da soddisfare appieno le esigenze artistiche del colto e intelligente pubblico italiano – così dichiara il compositore ungherese alla stampa”. Il 29 luglio il Festival apre con la premiere de “L’imperatrice Giuseppina”, ad assistervi trenta direttori dei maggiori teatri austriaci ed ungheresi. Per l’occasione Kálmán ingaggia il tenore Igo Guttman, grande interprete di Verdi, e la cantante Rita Georg. A lei in realtà il pubblico predilige la soubrette Rita Wotawa, nei panni della Duchessa di Aguillon, perché Kálmán aveva furbescamente inserito refrein orecchiabilissimi per comico e soubrette.  In scena andarono oltre 350 costumi ad impreziosire un’operetta, l’ultima che il compositore ungherese scrisse prima di scappare in California perché di origini ebree, stessa sorte anche per la Georg, che si rifugerà in Canada. Il 1° agosto debuttò “Contessa Maritza”  grande capolavoro di Kálmán, applaudita Sonia von Lewkova nel ruolo di Lisa, sorella del conte Tassilo, e il tenore Hans Eich. “Il cavaliere del diavolo” (5 e 6 agosto) fu in assoluto l’operetta che piacque di più quell’estate, Kálmán l’amava particolarmente, era considerata la più ungherese delle sue composizioni. Dominatrice della rappresentazione risultò Louise Leoff nel ruolo della ballerina Miramonti, benché in scena ci fossero da protagonisti cantanti del calibro di Rita Georg, Claire Fuchs-Kaufmann e Hans Eich. Quarta e ultima operetta rappresentata al festival fu “La Principessa della csardas”, l’8 e il 9 agosto, che vide Rita Wotawa nei panni di Stasi e protagonista il tenore praghese Arno Velezky. Anche questa edizione del festival si era conclusa con il tutto esaurito ad ogni recita. Ed un’altra volta, nonostante i richiami scritti delle autorità, non venne inserita nessuna operetta italiana al Festival di Abbazia. “Alla ricerca di un’operetta italiana” reca in chiare lettere il titolo dell’articolo su Il Messaggero di Roma a firma di Matteo Incagliati il 30 agosto 1936. Ma dovremo attendere il 1938 per un tanto.

Nel frattempo nell’estate 1937 vengono effettuati grandi lavori per rendere ancora più spettacolari le scene. Viene infatti costruito un palcoscenico girevole, come scrive “Il Popolo” del 5 agosto: “Un particolare degno di considerazione sarà dato dalle innovazioni tecniche apportate quest’anno alla scena … La piattaforma girevole avrà un diametro di 10 metri e divisa in tre spicchi, potrà contenere contemporaneamente tre scenari per tre diversi quadri”. Gli organizzatori propongono tre operette di autori diversi: il 7 e 8 agosto va in scena Casanova di Ralph Benatzky su musiche di Johann Strauss, il 12 e 14 agosto Al Cavallino bianco di Ralph Benatzky, Robert Stolz e Robert Gilbert, conclude Ballo al Savoy (titolo italianizzato in Savoia) di Paul Abraham. Direttore dell’orchestra Walther Hahn e regista Emil Schwarz. Casanova si rivela essere l’operetta giusta per Abbazia, per il suo alto contenuto spettacolare. Si scrive infatti “Un grande spettacolo, degno di essere ricordato negli annali del festival come un modello della perfezione e dell’arte cui può assurgere una rappresentazione di operetta, quando essa sia intesa con elevato criterio estetico pur senza perdere di quella gaiezza gioconda e di quel brio che ne sono l’indispensabile condimento”. Cinque primedonne, quattro comici, baritono, tenore, buffo e uno stuolo di comprimari, un corpo di ballo di 50 elementi e l’orchestra, uno splendore di costumi sfavillanti e scenari montati su palcoscenico girevole. Il tenebroso baritono Georg Monthy, nel panni del Casanova, mostrò “voce brunita ed ottima scuola di canto”. Il maggior successo andò alla soubrette Lotte Menas, “briosa e spumeggiante”. Al Cavallino bianco era ormai un’operetta famosa, aveva debuttato nel 1930, e non potè che riscuotere grandi consensi anche nella perla del Carnaro, portandovi tutto il sapore del Salzkammergut. La vera novità dell’edizione 1937 fu però Ballo al Savoy di Paul Abraham. La coppia comica Daisy Parker e Mustafà Bey, interpretata dal duo Lotte Menas – Jozsef Sziklay, suscitò consensi esaltanti. La stampa riportava “Per armonie di tinte, scioltezza e fusione di movimento, per leggerezza delle danze, le scene di “Ballo al Savoy” resteranno nel ricordo del pubblico fra le più belle ammirate ad Abbazia ed è stato il successo più caloroso e cordiale di questo 3° Festival”.

Nel 1938 per ideare le scene fu assoldato Acconaro, famoso per la sua attività alla Scala di Milano. I 1200 costumi invece furono commissionati alla casa Altay di Budapest. La “premiere” fu affidata a di Pietro Mascagni, l’unica operetta italiana in tutte le stagioni del Festival di Abbazia. L’avvocato Barbieri, organizzatore delle varie edizioni in qualità di presidente dell’Azienda di Soggiorno di Abbazia, sapeva benissimo che solo la risonante presenza di Mascagni in riva al Carnaro, avrebbe consentito all’operetta un certo successo. A questo si aggiunge che il direttore artistico Gruder-Guntram e il regista Schulz-Breiden infusero un certo stile viennese allo spettacolo, trasformando gli artisti italiani in sorprendenti cantanti-attori. Pietro Mascagni sedette in prima fila e le cronache mondane con lui presente andarono a nozze. Il 4 agosto, giorno dopo il debutto sui giornali si scriveva “apprezzatissimo il programma ufficiale, compilato con molto buon gusto e contenente un sunto delle operette in quattro lingue” e ancora “peccato soltanto che il libretto non sia all’altezza del musicista e sopra tutto che non sia stato almeno sveltito e aggiornato un po’ alle esigenze del gusto odierno”. L’operetta fu replicata il 7 agosto, ebbe molto successo la cantante Alda Mangini. Il secondo titolo in programma Lo Zingaro Barone piacque molto al pubblico del melodramma, l’operetta di Johann Strauss era ormai un classico, andò in scena l’11, il 13 e il 15 agosto. Ebbe grande successo Giulietta Simionato, che poi avrà una grande carriera alla Scala, solo dopo il crollo del regime fascista che non la sosteneva. Fu la migliore amica di Maria Callas e memorabile resta il loro duetto del 1957 in Anna Bolena di Donizetti. Sulla stampa però si annotava “… le grandi difficoltà che gli organizzatori dovettero affrontare dal lato artistico. Prima fra queste quella di presentare in lingua italiana un’opera che così tipicamente rispecchia l’ambiente del paese in cui è nata” e del tenore wagneriano Ettore Parmeggiani si scrisse “a parte la maestria del fraseggio o la dizione di esemplare chiarezza, la sua ugola d’oro ha vibrato qui ancora di squilli di metallica risonanza, di accenti di calda sonorità…”. Roxy fece ad Abbazia il suo esordio, l’operetta di Paul Abraham portava in scena l’ungherese Rosy Barsony, la stessa soubrette che nell’estate del 1955 infiammerà la caldera dei 10.000 spettatori stipati sugli spalti del Castello di San Giusto a Trieste.”Un’esecuzione che è stata un capolavoro di realizzazione scenica” si scriveva sui giornali e della Barsony si diceva “un amabile diavoletto che ha soggiogato il pubblico per virtù di un’arte superiore” e ancora “Rosy Barsony ha mandato in visibilio anche con la sua flessuosa elasticità e la morbida leggerezza di danzatrice moderna”. Il 16 agosto sul Piccolo appariva questo titolo “Un originale concerto di giazzo (Jazz italianizzato) e danze chiuderà oggi il Festival dell’Operetta” in scena Rosy Barsony, sul palco a dirigere Paul Abraham.

Il 20 gennaio 1939 il senatore Riccardo Gigante, presidente dell’Ente provinciale per il Turismo di Fiume scrive, anche per conto del Prefetto Temistocle Testa, a Remigio Paone della ERREPI di Milano, società incaricata di realizzare i vari spettacoli,  che la commissione istituita per predisporre il programma estivo ha rilevato tra l’altro che l’operetta proposta “Il Venditore di uccelli”con il cantante Ettore Parmeggiani risulta troppo antiquata per Abbazia e sarebbe più opportuno invece ricorrere nuovamente alla direzione di Lehár, che non si ritiene opportuno portare la Barsony, nelle Nozze polacche di Beer a solo un anno di distanza dalla sua precedente presenza al Festival. Non è dato avere altre informazione e dal materiale ritrovato non risulta che si sia celebrato il Festival  in quell’estate, né che sia stata allestita alcuna operetta. Il 30 giugno 1940 il ministro della cultura popolare Alessandro Pavolini scrive a S.E. Ettore Muti, segretario del Partito Nazionale Fascista,  “è pervenuto al mio ministero il progetto per le manifestazioni all’aperto di Abbazia. Poiché tutte le manifestazioni all’aperto sono sospese, il progetto è ormai superato e la sovvenzione deliberata decade”. D’altronde il 25 maggio il sen. Gigante gli aveva mandato una nota che tra l’altro riportava le seguenti considerazioni “La grave contrazione del movimento turistico degli ultimi due anni, dovuta a fattori politici, razziali, valutari, nonché all’entrata in vigore del R.D.L. 24.11.1938 n. 1926, relativo al nuovo ordinamento dell’imposta di soggiorno, hanno fatto notevolmente diminuire il gettito delle tasse turistiche che rappresentano l’unica fonte di entrata dell’Azienda”. Il ministro accordò un contributo straordinario di 160.000 lire per appianare il disavanzo della stagione precedente.

Con questo atto termina la straordinaria e favolosa esperienza del Festival d’Operetta di Abbazia. Densi fumi e frastornanti rombi di  guerra si affacciano in Europa e anche sul Carnaro. Si riprenderà la festa nell’estate del 1950 al Castello di San Giusto, in una Trieste sotto occupazione del Governo Militare Alleato.

Rossana Poletti

La mostra è stata allestita poi nel 2016 all’Archivio di Stato di Fiume, in un bel palazzo di epoca asburgica.

E successivamente alla Comunità degli Italiani di Buie.

E ancora al Museo di Parenzo